Se “perfetto” non basta: 10 cose da fare per essere più sereni se sei un perfezionista

Fin dove il voler fare le cose bene, o il migliorarsi, rimane positivo?

Per molti versi la nostra società ci spinge al perfezionismo: devi avere il corpo perfetto, la carriera perfetta, essere il genitore/studente/manager perfetto… e possibilmente tutto ciò contemporaneamente.

Cosa dice la comunità scientifica degli psicologi riguardo al perfezionismo? Ci sono diversi pareri a riguardo, in particolare a seconda del significato dato alla parola. Lo psicologo Kenneth Rice distingue tra un tipo di perfezionismo “adattivo” (che aiuta a mantenere standard realisticamente elevati senza che ciò causi troppo stress né mandi in crisi in caso di fallimento) e un perfezionismo “disadattivo”, che causa un alto livello di stress se si pensa di aver fallito.

In generale però, il perfezionismo viene definito come “la tendenza a chiedere a sé stessi o agli altri delle prestazioni al massimo delle proprie o delle altrui possibilità, se non addirittura al di sopra delle rispettive capacità” (Galimberti). Il problema sta proprio lì: come si può essere soddisfatti se abbiamo messo l’asticella troppo in alto e possiamo stare bene solo raggiungendola? L’insoddisfazione e lo sforzo continuo caratterizzano chi cerca di raggiungere la perfezione.

Paul Hewitt, dopo anni di ricerche, sostiene che il perfezionismo sia sempre negativo, perché correlato a disturbi quali depressione, ansia, disturbi alimentari e diversi altri.

Il perfezionismo può essere associato con il rifiuto del fallimento (che è talmente intollerabile da essere bloccante, e fa soffrire per qualcosa che è la modalità di apprendimento più efficace e comune: crescere a tentativi ed errori), il rifiuto delle emozioni negative (invece umane e inevitabili, che più si ignorano e più, paradossalmente, condizionano) e addirittura il rifiuto dei successi (ovvero non permettersi di godere dei risultati raggiunti e spostare il traguardo sempre un po’ più in là).

Esistono tre tipi di perfezionismo (alla fine del post troverai dei consigli specifici per ognuno di questi casi!):

  • prescritto socialmente, ovvero il cercare di essere all’altezza delle aspettative di perfezione che pensiamo abbiano gli altri, specialmente se importanti per noi;
  • orientato verso se stessi: dandosi degli standard elevati da raggiungere, con forte autocritica in caso di difficoltà o fallimento;
  • orientato verso gli altri: le alte aspettative sono poste sugli altri. 

Cosa fare quindi, se il fare le cose in modo perfetto ti stressa e ti impedisce di essere soddisfatto?

Ecco 10 cose che puoi fare per stare meglio

1.   Riconosci il perfezionismo e distinguilo dal fare le cose bene

Non c’è niente di male nel voler fare le cose bene e migliorarsi, ma se gli standard sono troppo alti si aumenta la possibilità di fallimento e richiedere tantissime energie. Inoltre, c'è il rischio che intacchi altri ambiti della vita, come le relazioni, la salute e il godersi la vita. Si possono fare le cose bene e prendere un errore o un fallimento per quello che sono: tappe inevitabili (e istruttive) sul nostro cammino.

2.   Attenzione alle trappole del pensiero perfezionista

Spesso i perfezionisti pensano hanno un tipo di pensiero che tende a mantenere le loro convinzioni, come il pensare “in bianco e nero” (ad esempio “qualsiasi cosa meno della perfezione è un fallimento” ), hanno pensieri catastrofici (es. “se faccio un errore morirò dall’umiliazione/la mia vita ne sarà condizionata”), usano molto le doverizzazioni (es. “non devo mai fare errori”, “devo sempre anticipare i problemi prima che si presentino”) e la “lettura del pensiero” (ovvero immaginando quello che penseranno gli altri e convincersi che sia reale, ad esempio “se prendo una vacanza penseranno che sono pigro”). Nota se e quando compaiono questi tipi di pensiero e mettili in discussione.

3.   Punta sulla soddisfazione, più che sui doveri

La “tirannia dei doveri” è tipica dei perfezionisti. Prova a chiederti cosa vuoi, e cosa ti farebbe bene. Impara a guardare con occhio critico i doveri che ti stai auto imponendo: possono essere addolciti e resi più piacevoli o fattibili? Sono davvero necessari? 

4.   Crea aspettative e obiettivi più realistici

Può essere difficile da accettare, ma la perfezione non esiste. Scegli obiettivi che siano raggiungibili, senza che per raggiungerli tu debba sacrificare il tuo benessere. Questo non vuol dire non avere standard o fare le cose male, ma trovare un modo per sentirti bene con te stesso e avere tempo per gli aspetti importanti della tua vita. Se sei incerto sul cambiarli, fai una lista dei pro e dei contro dell’abbassarli. Quali sono i costi del mantenerli? Puoi anche chiedere aiuto a qualcuno (che non sia a sua volta perfezionista :) ) per discutere insieme quale potrebbe essere un livello ragionevole e realistico.

5.   Crea piccoli obiettivi e festeggia i successi

Prova a scomporre i tuoi grandi obiettivi in diversi gradini, raggiungibili sul breve termine, e riconosciti il merito di averli raggiunti, senza passare immediatamente alla fase successiva. Festeggia, concediti qualcosa che ti piace, o almeno, prenditi qualche minuto per assaporare ciò che hai raggiunto e datti una pacca sulla spalla!

6.   Cerca punti di vista alternativi

  • Cosa direbbero di questa situazione gli altri? Ad esempio, il non fare sport 2 ore al giorno sarebbe visto come pigrizia, o penserebbero che un’ora 2 volte alla settimana sarebbe abbastanza?
  • Ci sono altri modi di vedere le cose? Dati tutti gli altri impegni, è realistico riuscire ad allenarsi 2 ore al giorno? Una persona con energie, tempo e risorse limitate ce la può fare? Esci dal campo del "in teoria sì" e guarda la realtà, dati alla mano! Riprendendo l'esempio di prima, forse non allenarsi tutti i giorni per 2 ore non è pigrizia, ma è normale non avere il tempo e le energie di farlo.
  • Cosa diresti ad un amico nella stessa situazione? Forse saresti più morbido? Come mai non puoi esserlo con te stesso?

7.   Ricordati queste affermazioni positive e realistiche

Rimpiazza l’autocritica feroce con queste affermazioni. Puoi scrivere una lista e appenderla sul frigorifero, segnarla in una pagina della tua agenda o metterti un reminder sul telefono, per ricordarti che:

  • Nessuno è perfetto,
  • Fare un errore non vuol dire essere stupidi o un fallimento: siamo umani!
  • Sbagliare è un gradino fondamentale del crescere, e dell’imparare.
  • Solo chi non fa non sbaglia mai.
  • È ok se non sono sempre al mio massimo – tutti abbiamo giornate no.
  • È ok se non piaccio a qualcuno – è impossibile piacere a tutti!

Ricorda anche che Thomas Edison è passato per "10.000 metodi che non hanno funzionato" prima di inventare la lampadina, così come Michael Jordan ha "sbagliato più di novemila tiri, perso quasi trecento palle" e ventisei volte ha sbagliato il tiro decisivo pur essendo uno dei più bravi giocatori di basket della storia.

8.   Pensa al quadro generale

È davvero importante? Cos’è la cosa peggiore che potrebbe succedere? Se succedesse il peggio, potrei sopravvivere? Se andasse male, importerebbe davvero tra un mese, un anno? Potrei trovare altri modi per farcela lo stesso? Stai molto attendo ai pensieri catastrofici e al pensiero "in bianco e nero"! Prenditi del tempo per fare l'avvocato del diavolo e confutare le tue risposte d'istinto, cercando dati di realtà e magari chiedendo il parere di qualcuno (non perfezionista).

9.   Trova dei compromessi

Come potresti essere più flessibile nei tuoi standard? Che livello di imperfezione potresti tollerare? Ad esempio, mettere 3 ore invece che 5 per preparare una presentazione? Accettare che potrebbe esserci un errore di formattazione nel documento word? Prendere 25 al prossimo esame perché è difficile? Una volta che avrai fissato questi compromessi e ci starai comodo, potrai cambiarli ancora un po’. Ricorda che non si parla di fare le cose male o puntare al minimo, ma di essere realisti e accettare che potrebbe esserci qualche (umana) "imperfezione".

10.   Prova a fare un errore di proposito… e vedi cosa succede

Se ti senti abbastanza sicuro, puoi provare a metterti volontariamente nella situazione che temi (in sicurezza), un po’ come si fa con le fobie: arriva leggermente in ritardo da un amico, dì a qualcuno che sei stanco invece che nasconderlo, distraiti durante una lezione, manda una mail con un errore di battitura. Cosa succede? Come ti senti? Come reagiscono gli altri? (ovviamente evita di sperimentare con una persona a sua volta perfezionista e molto critica) Non scoraggiarti se sarà difficile all’inizio!

11.   Impara l’accettazione e la compassione

Accettazione significa riconoscere ciò che è, senza negarlo. Questo non vuol dire arrendersi o farsi andare bene tutto: vuol dire vedere chiaramente la situazione, senza illudersi che sia diversa, tollerando le parti che non ci piacciono e che non vorremmo ci fossero. Accetta le imperfezioni tue e degli altri, senza rabbia, fastidio o disprezzo. Accetta che la perfezione non esiste. Riconosci chi sei, valorizzati e migliorati ma senza tendere ad un ideale irraggiungibile. Compassione non significa pietismo (“oh, poverino, che pena”) che implica un celato disprezzo, ma il guardare e il guardarsi con comprensione e affetto: non essere duro con te stesso.

BONUS – Consigli in base al tipo di perfezionismo

  • Se nel tuo caso il perfezionismo è prescritto socialmente, sarebbe bene lavorare sull’assertività. Questa è la capacità di esprimere le proprie emozioni, opinioni o bisogni senza aggredire l’interlocutore né sminuire le sue opinioni o vissuti. Impara a dire di no e a seguire obiettivi (e standard) tuoi.
  • Se il tuo perfezionismo è orientato verso gli altri, accetta il fatto che gli altri non sono come te, che non è possibile che gli altri siano esattamente come vuoi e non è possibile cambiare gli altri. Ogni persona che ti circonda ha dei difetti, ma ha anche dei pregi. Se le hai scelte perché siano nella tua vita hanno un valore, non è così? Apprezzale per come sono.
  • Nel caso tu ti sia riconosciuto nel tipo di perfezionismo orientato verso sé stesso, sii più tollerante con te stesso: non puoi essere perfetto, ma ciò nonostante ricorda che hai un valore e sei amabile. Ascolta il tuo corpo e i tuoi sentimenti e dai un valore a quello che senti: i doveri non devono schiacciare i tuoi bisogni.

 

Vi lascio con una citazione di Brené Brown: 

“Il perfezionismo e cercare di fare il proprio meglio non sono la stessa cosa. Il perfezionismo è la convinzione che se viviamo in modo perfetto, abbiamo un aspetto perfetto e ci comportiamo in modo perfetto, potremo ridurre al minimo o evitare il dolore del biasimo, del giudizio e della vergogna. È uno scudo. È uno scudo di venti tonnellate che trasciniamo in giro pensando che ci proteggerà, mentre in realtà è ciò che ci impedisce di volare”.

 

 

 Ps. Hai trovato qualche errore di scrittura in questo articolo?
...Ti ha dato comunque delle informazioni utili?



Bibliografia parziale 

  • ADDERHOLDT ELLIOTT M., ELLIOTT M., GOLDBERG J., Perfectionism: What’s Bad about Being Too Good?, Monarch Books, 1992.
  • ANTONY M. M., SWINSON R.P., When Perfect Isn’t Good Enough: Strategies for Coping with Perfectionism, New Harbinger Publications, 2009.
  • BASCO M. R., Never Good Enough: How to Use Perfectionism to Your Advantage without Letting It Ruin Your Life, Simon & Schuster, 2000.
  • BEN-SHAHAR T., Pursuit of Perfect: Stop Chasing Perfection and Discover the True Path to Lasting Happiness, UK PB, 2009.
  • BROWN B., I doni dell'imperfezione. Abbandona chi credi di dover essere e abbraccia chi sei davvero, Ultra ed, 2017.
  • GALIMBERTI U. a cura di, Le garzantine - Psicologia, Casa editrice Garzanti, Torino, 2006.
  • HEWITT P.L., The many faces of perfectionism, Monitor on Psichology, APA, 2003.
  • HEWITT, P.L., FLETT, G.L., et al., The interpersonal expression of perfection: Perfectionistic self-presentation and psychological distress. Journal of Personality and Social Psychology, 84(6), 2003.
  • O'CONNOR, R.C., & O'CONNOR, D.B., Predicting hopelessness and psychological distress: The role of perfectionism and coping. Journal of Counseling Psychology, 50(3), 2003.
  • RICE K. G. et al., Meaning of perfectionism, J. Cognitive Psychotherapy, 2003.